“Come giocatore è stato rivoluzionario, ma la persona è se possibile ancora migliore. A oltre 40 anni si ferma ancora a firmare autografi, ad avere una parola carina per chiunque, capendo che quello che lui significa per generazioni di tifosi deve essere coltivato e rispettato. In un mondo dominato dallo star system, Manu è a 40 anni quello che era a 22”. Ettore Messina ha visto Ginobili (nella foto con la maglia della Virtus Bologna nel 2001) sia a 22 anni, quando lo guidava dalla panchina della Virtus Bologna, sia negli ultimi quattro, da quando lo ha ritrovato a San Antonio diventando vice di Gregg Popovich.
“Più che la grande cavalcata di quel suo primo anno a Bologna — racconta Messina della stagione in cui la sua Virtus vinse tutto —, ricordo il precampionato: era impressionante fin dai primi allenamenti, facendo cose a cui non eravamo abituati. Ogni volta che trovava un ostacolo, la prima volta veniva respinto, ma poi si riproponeva ad un livello ancora più alto. L’ha fatto in Italia (il primo derby a casa della Fortitudo per lui fu difficile, ma poi dominò la finale scudetto decidendo la serie in trasferta) e in Eurolega, l’ha ripetuto in Nba: si narra che i primi mesi con Popovich furono difficili, poi riuscì a convincerlo che doveva prenderlo per quello che era capace di fare. E a quel punto è diventato Ginobili. Mi ha fatto piacere stargli vicino in questi ultimi anni di carriera”. il futuro — Manu è un mito che finisce, l’eroe dei tre mondi che ha smesso di ammaliare con le sue imprese diventate leggenda. E’ stato super in Italia, simbolo nella sua Argentina, leggenda negli Usa. “Ero sicuro che Manu sarebbe stato un buon giocatore anche in Nba — continua Messina —. Mentirei se dicessi che mi aspettavo sarebbe diventato quello che è stato. Con Tim Duncan ha cambiato una franchigia, è stato un grandissimo che finirà direttamente nella Hall of Fame”. In attesa di applaudirlo a Springfield, di vedere il suo nome scritto per sempre tra gli immortali del basket, Messina se lo immagina in futuro dirigente dei suoi Spurs più che allenatore (“Ma farà bene qualsiasi cosa deciderà di fare”). Difficile, invece, pensare al suo armadietto vuoto, a quel numero 20 dal talento senza fine non fare più scorribande sul parquet.
“Ho avuto la fortuna di stargli vicino nelle fasi iniziali e finali della sua carriera – continua Messina -. Mi ha fatto piacere vedere quanto affetto c’è per lui, quanto è amato e rispettato, quanto ha costruito nella sua vita. Ma allo spogliatoio senza di lui proprio non riesco a pensare”. Si chiude un’era non solo per San Antonio, ma per tutto il basket. Manu Ginobili da Bahia Blanca, Argentina, è un campione globale, un idolo per generazioni, un mito che per tre decadi ha incantato colleghi, allenatori e tifosi. Un fenomeno a cui dire solo grazie. Anche nel giorno in cui ha fatto versare una lacrima al mondo intero.
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