Stasera al Forum di Assago (ore 20:45) arriva quell’Anadolu Efes delusione della scorsa stagione insieme all’Olimpia e sorpresa nell’inizio di questa insieme a Milano. L’occasione è ghiotta per intervistare Mike James, che sta vivendo un ottimo momento individuale e di gruppo, e lo fa Roberto De Ponti per Il Corriere della Sera.
Milano. Felice. Milano non ha dovuto fare molto per convincermi». Perché proprio Milano? «Volevo un ruolo più centrale, e qui ce l’ho. E ho percepito la voglia di creare qualcosa di grande, di fare storia. Anche al Panathinaikos era così». Milano ha una sua grande storia. Le hanno detto della squadra dei D’Antoni, dei Meneghin, dei McAdoo? «Confesso: di quello che è successo 30 anni fa non so granché, sono due ere differenti. So invece quello che la squadra ha fatto negli ultimi 10 anni, non tantissimo a livello europeo». E pur sapendolo, ha accettato di venirci… «Ho grande fiducia in me stesso e sono convinto che con la gente giusta intorno si possa costruire una squadra speciale e ottenere risultati speciali».
Europa. «Perché dovrei esserlo? La squadra è stata costruita per essere dura in Eurolega, da playoff, con magari anche una piccola speranza di arrivare alle Final Four. Stiamo giocando come una vera squadra quindi no, non sono sorpreso». Final Four… Non ha paura di sbilanciarsi troppo? «Io penso questo: anche se dobbiamo ancora crescere, abbiamo già dimostrato di poter competere con le migliori e di poterle battere. Puntare al massimo dev’essere un obiettivo di questa squadra, pur tenendo sempre la testa sulle spalle. La stagione è lunga, ma le prime 4 partite ci dicono che non è così assurdo pensarci».
La lunga gavetta. «Qualcuno, ma non è questo il punto. Le cose sono andate così, ognuno ha la propria opinione, gli scout, gli allenatori, i manager, i tifosi. Alla fine sta a te dimostrare quello che vali realmente». Nella Nba lo stava dimostrando, più di 10 punti a partita. Poi se né andato… «Una mia decisione». La rimpiange mai? «Mi capita di incontrare molti giocatori Nba, li conosco, ci parlo, li vedo in campo, ci gioco d’estate. Qualche volta può capitare di dire “sì, io farei meglio di lui”, oppure che mi dicano “potresti essere migliore di quello”, però ci sono sempre nei lavori situazioni atipiche e alla fine sono contento di dove sono».
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