Attenzione, club e sponsor, a dimostrare bene le spese promozionali allo Stato

Le spese di sponsorizzazione hanno natura pubblicitaria soltanto se vengono fornite adeguate prove al giudice idonee a documentare la natura promozionale dei costi e l’effettiva partecipazione di clientela selezionata ad eventi mondani. Sono queste le conclusioni contenute nella sentenza della CTR di Firenze n. 844 del 2 maggio 2018 che esclude la deducibilità dei costi sostenuti da un’impresa operante nel commercio di pellame per l’assenza di documentazione probatoria (si veda Italia Oggi del 29/5/2018). In merito alle differenze esistenti tra le spese di rappresentanza e di pubblicità, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario afferma che: “il criterio discretivo va individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi, che, per le spese di rappresentanza, si possono far coincidere con la crescita dell’immagine ed il maggior prestigio, nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società; là dove gli obiettivi delle spese di pubblicità o propaganda, di regola, consistono in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale (Cass., ord. 3433/2012; 6 marzo 2013, n. 5494; 3 luglio 2014, n. 15193 e 4 luglio 2014, n. 15318)”.

Nel nostro caso, la clientela dell’impresa frequentava ed era interessata all’ambiente delle corse automobilistiche; di conseguenza, per il contribuente l’apposizione del marchio sulle autovetture in gara e l’invito dei clienti a manifestazioni collaterali costituivano effettivi mezzi di promozione. La CTR, valutata la posizione di entrambe le parti, ha accolto le ragioni dell’Ufficio in quanto: “deve anzitutto osservarsi che le pur cospicue somme dichiarate come spese non riguardavano la sponsorizzazione di scuderie di auto da corsa di formula uno intorno alle quali, come noto, ruota un ambiente ricco e mondano cui forse appartengono i titolari delle imprese di moda indicati dall’appellante . Le scuderie sponsorizzate dall’appellante animavano, invece, l’ambiente delle corse di auto gran turismo, che era meno ricco ed ove era poco frequent e incontrare i vip indicati dall’appellante”.

Sull’argomento, sempre la CTR ha affermato che gli spazi delle auto in cui collocare il logo dello sponsor non erano contrattualmente specificati dai contratti prodotti dall’appellante, ma rinviati a generici futuri accordi. Era prevista soltanto la possibilità di collocare il logo sulle tute dei piloti e sull’abbigliamento del team. Quanto all’aspetto mondano, era genericamente affermato che i piloti e i componenti del team, compatibilmente con i loro impegni, fossero disponibili per alcuni giorni per le conferenze stampa o i meeting. In aggiunta, non vi era alcun accordo sul fatto che tali manifestazioni fossero organizzate o pagate dallo sponsor. Per quanto riguardava poi l’accoglienza degli ospiti, cioè i destinatari della pubblicità, lo sponsor si limitava alla soluzione dei problemi logistici, senza impegnarsi neppure per le spese dei biglietti di ingresso al circuito.

Tenuto conto dei fatti, la CTR ha, pertanto, affermato che: “la mancanza di prove circa le spese fatte dall’appellante per l’accoglienza e la partecipazione alle manifestazioni sportive e mondane dei suoi selezionati ospiti finisce per rendere indimostrata la stessa presenza degli ospiti e la possibilità che a questi fosse trasmesso il messaggio pubblicitario”. La decisione della CTR ha una forte base motivazionale in quanto fonda il proprio ragionamento sulla presenza di molteplici elementi, strettamente collegati tra di loro, che tolgono validità alla natura promozionale dell’evento e lo inquadrano nell’ambito delle spese di rappresentanza. Nelle controversie avente ad oggetto la corretta qualificazione giuridica dei costi risulta sempre più importante documentare in maniera oggettiva e aderente alla realtà le ragioni economiche legate alle spese. Operando in questo modo, il Collegio giudicante viene messo nella condizione migliore per avvalorare le ragioni del contribuente e riconoscere la piena deducibilità dei costi.

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