Quando Giorgio Valli allenava a Montegranaro, era la stagione 2011/2012, salendoci in corsa e salvando la Sutor, Cesare Pancotto lasciava Barcellona Pozzo di Gotto, in Legadue. Tre anni dopo, Pancotto sarebbe stato eletto miglior allenatore in Serie A, guidando Cremona, Sempre tre anni dopo Valli avrebbe allenato la “sua” Virtus Bologna. L’esperienza non sarebbe finita bene, come per Pancotto quella alla Fortitudo. Il flashback prosegue con la stagione 2005/2006: Pancotto è il miglior allenatore di A per la prima volta, pilotando Udine oltre le previsioni. Ed è difficile sostenere che Valli non lo sia stato in Legadue, alla guida di Scafati, vincendo prima la Coppa Italia e pochi mesi dopo portandola in A.
Le vite degli allenatori sono fatte di saliscendi, di certo domenica, sfidandosi alla Unieuro Arena, si incontrano tecnici felici. Sono rimaste in tre, in vetta ad Est, e per due di queste i loro meriti sono evidenti. Pure se sul cartellone c’è scritto “Duello tra capolista”, e Sportitalia lo mostrerà alle 12, siamo appena alla quinta giornata e la stagione è ancora tenera. Hanno però alle spalle una base fondamentale che può far pensare in positivo. Le rispettive Società.
“La Poderosa è ancora giovane, ed ha fatto benissimo l’anno scorso. Lavoriamo in piena sintonia, con idee compatibili tra loro. Tutto è reso più facile dalla disponibilità, dalla struttura, dall’organizzazione. Ho con me uno staff tecnico, fisico, medico di grande qualità. Io porto le mie spalle larghe su questa gioventù, per un progetto che vuole consolidarsi sulla continuità dei risultati” dice Cesare Pancotto. Che domenica tornerà ad essere ospite della Unieuro Arena, dove fu viceversa di casa, poco dopo l’inaugurazione, a fine Anni ’80.
“La Poderosa è giovane, così come è il percorso di Pallacanestro Forlì 2.015. Che continua a mostrare la sua qualità, nel desiderio costante di strutturarsi e crescere. L’arrivo di una figura come quella di Renato Pasquali ne rappresenta l’immagine, ricevendo dal Club un mandato pieno e di grande fiducia sull’operatività sua e dello staff. E’ una condizione preziosa per lavorare, ed ormai sempre più desueta” dice dall’altro angolo del ring Giorgio Valli. Che alla Unieuro Arena oggi è quello di casa, dal dicembre 2016.
– Cosa pensate di questa Serie A2, alla scadenza del primo mese?
Pancotto – “Ne avevo già individuati i tanti lati interessanti, ma vivendola da dentro la sto scoprendo ancora migliore di come me l’aspettassi. C’è alta professionalità negli allenatori e di conseguenza nel modo in cui le squadre vengono allenate. E questo non può non portare ad una crescita complessiva della qualità dei giocatori e del campionato”.
Valli – “Siamo alla terza stagione di un campionato in crescita e nel quale vogliamo progredire di pari passo. La A2 ti permette ancora di allenare, partendo dalla costruzione di un gruppo che poi deve saper diventare squadra. E dove non corri il rischio che, se hai stranieri buoni, se ne vanno via. Qui il coinvolgimento può essere totale, senza problemi di passaporto. Per questo anche gli americani ci pensano, perché qui si trovano bene”.
– Quale sensazione primaria pervade chi allena in A2?
Pancotto – “Sono navigato, ma non nego di aver vissuto una grande tensione, soprattutto in casa. Perché sono davvero a casa mie e, come sapete, non è mai facile. La mia priorità è trasformare la tensione in positività”.
Valli – “Il piacere di allenare un gruppo, con l’obiettivo di avere a fine stagione giocatori migliorati. Abbiamo giovani che possono, e devono, mostrare questo desiderio. Ma anche giocatori a metà di una carriera cui vogliono dare un senso più compiuto o una svolta”.
– Roster molto italiani. Cosa cambia, per voi?
Pancotto – “Roster fatti da otto giocatori italiani e due stranieri danno una connotazione di cultura di basket europea. Anche se nella mia squadra vedo ruoli e non nazionalità. Devo cucire l’abito giusto alla squadra che alleno: ho due playmaker italiani, che mi consentono un rapporto diretto in un linguaggio tecnico comune. Ed americani di diverso talento. Ma tutto gira attorno ad un denominatore comune fondamentale: la disponibilità”.
Valli – “Molti ragazzi italiani hanno accettato di scendere in A2. Rinnegando la logica della statistica, per quella della crescita. Sanno che qui hanno maggiore importanza e considerazione, e può essere un modo per poi tornare in A più solidi. Qui non ti senti in parcheggio, però ci si allena molto e devi dimostrare motivazioni forti. Ma attenzione, perché la stessa scelta l’hanno fatta anche diversi americani. Sentirsi importanti e, in alcuni casi, anche guadagnando di più”.
– Chi sono i due giocatori stranieri, in un roster molto italiano?
Pancotto – “Integrare solo due stranieri è un compito diverso, non necessariamente più semplice. Dipende dalla personalità e dall’integrazione. Questa rende il rapporto forte e fiduciario con i compagni. Lo straniero forte ha un impatto sul gruppo, in un rapporto in cui ci si trasmette sicurezze. Ma se manca amalgama, allora corri il rischio della deresponsabilizzazione. La regola non è l’8+2: ma stabilire ruoli, responsabilità e gerarchie. Cosa fare, quando, e con chi. Se il pick and roll prevede il tiro del play, il mio play è italiano. Se serve un tiro in uscita dai blocchi, ed il miglior esecutore è uno dei due stranieri, toccherà a lui. Però le partite si vincono in difesa, ed allora torniamo alle responsabilità individuali che fanno una squadra”.
Valli – “In A2 lo straniero deve avere qualcosa di più. E metterlo a disposizione della squadra. Ma prima di questo conta la qualità delle persone. Melvin Johnson potrebbe prendersi molti tiri in tutte le partite. A Roseto, nel secondo tempo, ne ha presi due. E questo è un valore aggiunto clamoroso, quando cerchi equilibri di squadra”.
– Cosa avete immagazzinato, dalle prime quattro partite?
Pancotto – “Momenti della nostra crescita. Due vittorie sofferte in casa, due in trasferta importanti e qualitativamente in grado di darci certezze e fiducia. Ma non cambia la mia percezione di questo campionato: offre sempre occasioni, ma è pieno di trabocchetti. Che vogliamo evitare”.
Valli – “E’ un campionato molto equilibrato. Cosa farà la differenza? La testa. In A2 alleni le gambe e la mani, ma la priorità è allenare la mentalità”.
– Per i giornali, alle 12.00 di domenica si sfidano due delle capolista.
Pancotto – “Non guardo calendario e classifica, ma la partita. Se stiamo sulla partita le altre buone notizie ne sono di conseguenza. Forlì era pronosticabile ad ottimo livello, una città di tradizione come Bologna, Treviso Udine, Verona. Squadra di qualità, bravissimo allenatore, cultura di basket, ricerca della vittoria. In una piazza dove i pubblico c’è sempre stato, anche in momenti difficili. Oggi vedono la loro fede ripagata da una Società e dalla squadra ed allora possono accendersi”.
Valli – “Montegranaro è una di quelle realtà emergenti e sempre più solide, un ottimo allenatore, una squadra molto organizzata, che sa cosa fare e dove andare. Ci creerà trabocchetti, tattici e mentali. Sarà una partita dura, fisica, contro una squadra con pochi ricami e tanta sostanza”.
– Pancotto, che ricordo ha della sua Forlì?
“Era quella dei Galassi, Battistini e Gherardini. Era un A2 con osmosi con la A1, una realtà basata sulla cultura della qualità, del gioco, del dare tutto. E che sa essere generosa”.
– Valli, e la sua Montegranaro?
“Un’esperienza fantastica. Ero in un’altra Società ma vedo molti punti di contatto con la Poderosa di oggi: la qualità delle persone, il rispetto per il tecnico ed i giocatori, una grande passione”.
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